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lunedì 29 giugno 2015

La Grecia non vuole più subire l'austerità autoritaria e violenta impostale da UE e Fmi

Yanis Varoufakis.
26-06-2015: Posto dinanzi all’alternativa drammatica tra rifiutare l’ultima proposta - quasi un ultimatum - dei creditori internazionali e sottoscriverla, affrontando una tempesta nel partito e nel governo, Alexis Tsipras, dopo una riunione dei ministri convocata frettolosamente al ritorno dall’ennesimo, inconcludente negoziato a Bruxelles con i partner europei, la Bce e il Fmi,  ha annunciato un referendum per il 5 luglio. La domanda della consultazione popolare non sarà sulla permanenza dell’euro ma sull’accettazione dell’ultimo piano proposto dai creditori.
Ma l’Eurogruppo non ci sta e rifiuta la richiesta del governo greco di estendere l’attuale programma di salvataggio oltre il 30 giugno. «Il programma di aiuti internazionali alla Grecia finirà martedì sera», lo ha detto Jeroen Dijsselbloem, che ha aggiunto: «Siamo determinati a mantenere la credibilità dell’eurozona».
Jeroen Dijsselbloem.
Dal 15 novembre 2012, Dijsselbloem è il ministro delle finanze dei Paesi Bassi e fa parte del secondo governo guidato dal premier Mark Rutte. Dal 21 gennaio 2013 è anche il presidente dell'Eurogruppo, il comitato dei ministri delle finanze dell'Eurozona, costituita dagli stati dell'Unione europea che hanno adottato l'Euro come moneta ufficiale, succedendo nell'incarico a Jean-Claude Juncker. Il 1º febbraio 2013 ha guidato la nazionalizzazione dell'ente finanziario olandese SNS Reaal, prevenendone la bancarotta. Gli azionisti e creditori sono stati espropriati dei titoli senza compensazione e le altre banche nazionali hanno dovuto contribuire al salvataggio con cifre fino a un miliardo di euro.
Nel marzo 2013 Dijsselbloem è stato a capo dei negoziati per la gestione della "Crisi finanziaria di Cipro", nella condotta della quale si è attirato critiche per aver creato un precedente, forzando il prelievo dai depositi bancari come parte del salvataggio delle banche. A commento della sua scelta ha dichiarato "Sono abbastanza fiducioso che i mercati vedranno questo come un approccio ragionevole, molto contenuto e diretto, invece di un approccio più generale ... obbligherà tutte le istituzioni finanziarie, così come gli investitori, a pensare ai rischi che corrono, perché ora dovranno rendersi conto che si può anche far loro del male". Ha dichiarato intorno al 24 marzo 2013 al Financial Times e alla Reuters che il salvataggio di Cipro è stata un modello per la risoluzione dei rischi di bancarotta per i sistemi bancari, ma il 26 marzo 2013 si è contraddetto dichiarando che Cipro non è stato un modello. Dall'inizio del 2015, è impegnato nelle trattative per la gestione della crisi del debito greco e ha respinto nel mese di febbraio la richiesta del ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis di indire una conferenza tra tutti i paesi europei per la ristrutturazione del debito, rivendicando la gestione delle trattative al solo eurogruppo che presiede.
Non si è fatto attendere il commento del ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, che ha evidenziato come il rifiuto dell’Eurogruppo di concedere alla Grecia un’estensione del programma di aiuti per permettere al popolo greco di esprimersi sulla proposta di accordo è grave e danneggia la credibilità dell’Eurogruppo stesso. «Ho paura che questi danni saranno permanenti», ha aggiunto. E ancora: «Il referendum non è sull’euro. Sarebbe un grande contributo per l’Europa se si mettesse fine alle recriminazioni e a puntare il dito gli uni contro gli altri. L’ultima parola sulla proposta dell’Eurogruppo spetta al popolo greco, non al governo». La riunione a Bruxelles è ripresa senza la Grecia.
Al termine dell’incontro Dijsselbloem ha precisato che Varoufakis è uscito dall’Eurogruppo di sua volontà e che in negoziati non erano terminati. 

Alexis Tsipras.
27-06-2015: In serata inoltrata il Parlamento greco ha approvato il referendum e Tsipras ha chiesto di votare “no” per respingere «l’insulto» ricevuto dai creditori. «Il momento della verità per loro è venuto, il momento di quando vedranno che la Grecia non si arrenderà, che la Grecia non è un gioco cui si può mettere fine. Sono certo che il popolo greco sarà all’altezza delle storiche circostanze ed emetterà un forte no all’ultimatim». 
«Il popolo greco sopravviverà». È quanto avrebbe dichiarato il primo ministro ellenico, Alexis Tsipras, durante una conversazione telefonica con il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il presidente francese, François Hollande, secondo quanto riferiscono alla Reuters fonti del governo di Atene. «Il valore sommo è la democrazia», avrebbe aggiunto Tsipras. «Qualunque decisione l’Eurogruppo prenderà, il popolo greco la settimana prossima avrà ossigeno e sopravviverà», avrebbe dichiarato Tsipras, «la democrazia è un valore supremo in Grecia e il referendum si terrà qualunque cosa l’Eurogruppo decida».
In precedenza Varoufakis aveva detto che la possibilità che la Grecia vada o meno in default sugli 1,6 miliardi di euro da versare al Fondo Monetario Internazionale entro il 30 giugno dipende dalla «flessibilità» dei creditori. Il ministro aveva quindi chiesto la restituzione degli 1,9 miliardi di euro di interessi che la Bce ha maturato sui bond greci detenuti così da poter rimborsare l’istituto di Washington.

Rassegna Stampa: da https://esseresinistra.wordpress.com/2015/06/27/un-messaggio-di-dignita-al-mondo-la-scelta-di-alexis-tsipras/ Un messaggio di dignità al mondo. La scelta di Alexis Tsipras. Posted by Essere Sinistra. All’una di questa notte, Alexis Tsipras, ha diramato questo messaggio di cui presentiamo la traduzione in italiano circolante in rete. E’ per noi la voce più alta e nobile sinora ascoltata in risposta alle folli richieste del Fondo Monetario Internazionale e le Isttuzioni europee. E vogliamo che tutti i nostri lettori ne comprendano il senso. Il senso della libertà e della democrazia. Che rinasce dalla Grecia. La Redazione.
«Greci e greche,
da sei mesi il governo greco combatte una battaglia in condizioni di soffocamento economico senza precedenti, per implementare il mandato che ci avete dato il 25 gennaio. Il mandato che stavamo negoziando coi nostri partner chiedeva di mettere fine all’austerità e permettere alla prosperità ed alla giustizia sociale di tornare nel nostro paese. Era un mandato per un accordo sostenibile che rispettasse la democrazia e le regoli comuni europee, per condurre all’uscita finale dalla crisi. Durante questo periodo di negoziazioni, ci è stato chiesto di mettere in atto gli accordi fatti col precedente governo nel “memorandum”, nonostante questi fossero stati categoricamente condannati dal popolo greco nelle recenti elezioni. Comunque, nemmeno per un momenti abbiamo pensato di arrenderci, cioè di tradire la vostra fiducia. Dopo cinque mesi di dure contrattazioni, i nostri partner, sfortunatamente, hanno rilanciato all’eurogruppo di due giorni fa un ultimatum alla democrazia greca ed al popolo greco. Un ultimatum che è contrario ai principi fondanti ed ai valori dell’Europa, i valori del progetto comune europeo. Hanno chiesto al governo greco di accettare una proposta che accumula un nuovo insostenibile peso sul popolo ellenico e colpisce profondamente le possibilità di recupero dell’economia e della società greche. Una proposta che non soltanto perpetua lo stato di incertezza ma accentua persino le disuguaglianze sociali. La proposta delle istituzioni include: misure per un’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioniulteriori riduzioni nel salario minimo del settore pubblico e incremento dell’IVA su cibo, ristorazione e turismo, eliminando inoltre le agevolazioni fiscali per le isole greche. Queste proposte violano direttamente fondamentali diritti europei, mostrano che riguardo a lavoro, uguaglianza e dignità, lo scopo di alcuni partners e istituzioni non è il raggiungimento di un buon accordo per tutte le parti, ma l’umiliazione dell’intero popolo greco.
Queste proposte sottolineano in particolare l’insistenza del Fondo Monetario Internazionale in una dura e punitiva austerity, e sottolineano più che mai la necessità per i grandi poteri europei di prendere iniziative che conducano al termine della crisi del debito sovrano ellenico. Una crisi che colpisce altri paesi europei e che sta minacciando il futuro prossimo dell’integrazione continentale.
Greci e greche,
in questo momento pesa sulle nostre spalle, attraverso le lotte ed i sacrifici, la responsabilità storica del popolo greco per il consolidamento della democrazia e della sovranità nazionale. La nostra responsabilità per il futuro del nostro paese. E la nostra responsabilità ci richiede di rispondere all’ultimatum sulla base del mandato del popolo greco. Pochi minuti fa alla riunione di gabinetto ho proposto l’organizzazione di un referendum, perché il popolo greco possa decidere in maniera sovrana. Questa proposta è stata accettata all’unanimità. Domani la camera dei rappresentanti sarà convocata d’urgenza per ratificare la proposta del gabinetto per un referendum da tenersi domenica 5 luglio, sull’accettazione o il rigetto della proposta delle istituzioni. Ho già informato della mia decisione il presidente francese e la cancelliera tedesca, il presidente della BCE e domani una mia lettera chiederà formalmente ai leader della UE ed alle istituzioni di estendere per pochi giorni il programma attuale in modo da permettere al popolo greco di decidere, libero da ogni pressione e ricatto, come richiesto dalla costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica europea.
Greci e greche,
al ricatto dell’ultimatum che ci chiede di accettare una severa e degradante austerità senza fine e senza prospettive di ripresa economica, vi chiedo di risponde in maniera sovrana e orgogliosa, come la nostra storia ci chiede. Ad una austerità autoritaria e violenta, risponderemo con la democrazia, con calma e decisione. La Grecia, il luogo di nascita della democrazia, manderà una forte e sonora risposta all’Europa ed al mondo. Mi impegno personalmente al rispetto dei risultati della vostra scelta democratica, qualsiasi essi siano. Sono assolutamente fiducioso che la vostra scelta onorerà la storia del nostro paese e manderà un messaggio di dignità al mondo. In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei popoli. Che in Europa non ci sono proprietari ed ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte fondamentale dell’Europa, e l’Europa è una parte della Grecia. Ma senza democrazia, l’Europa sarebbe un’Europa senza identità e senza bussola. Vi invito a mostrare unità nazionale e calma e fare la scelta giusta. Per noi, per le generazioni future, per la storia dei greci.
Per la sovranità e la dignità del nostro popolo.»      ( Alexis Tsipras, Atene, 27 giugno 2015, 1 am)

A proposito del dove sono arrivati, in Grecia, i soldi del Fmi e dell'UE, è illuminante quello che dice Massimo D'Alema nel Video del 1 luglio '15 su Rainews:
http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Dalema-grecia-crescita-investimenti-debito-2dd470a6-1d28-4946-89e1-ae46f19bb2dc.html.
Un Video educativo sul mancato risarcimento dei debiti di guerra da parte della Germania (che nel 1953 ottenne un'esenzione generale) alla Grecia, nella commedia del programma satirico tedesco "Die Anstalt", visualizzabile nel seguente link: https://www.facebook.com/tiffy72/videos/1024472237564238/?pnref=story.


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domenica 21 giugno 2015

Elezioni 2015 in 78 comuni fra cui 10 capoluoghi di provincia: un altro dispiacere per Renzi

Renzi con Casson
Il 31 maggio 2015 si è votato, in Italia, in 7 regioni per il rinnovo dell'amministrazione regionale e in 78 comuni per il rinnovo delle amministrazioni comunali. Fra questi 78 comuni, dove è necessitato, si è votato il 14 giugno per i ballottaggi.

Da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/15/comunali-2015-risultati-dei-ballottaggi-venezia-casson-crolla-e-vince-brugnaro-pd-perde-anche-nuoro-matera-e-arezzo/1777923/
Comunali 2015: affluenza ferma al 47,1 per cento per il secondo turno delle amministrative per scegliere i sindaci di 78 comuni.
Venezia, Casson crolla e vince Brugnaro.
Pd perde anche Nuoro, Matera e Arezzo e strappa solo Mantova.
Al centrodestra Rovigo, Chieti, Nuoro, Matera e Arezzo.

Il Partito democratico perde Venezia. Ma anche Rovigo, Chieti, Nuoro, Matera e Arezzo dove vince il centrodestra. Lecco, Mantova, Macerata e Trani vanno invece al centrosinistra. A Fermo diventa sindaco il candidato sostenuto dalle liste civiche. Mentre il Movimento 5 Stelle vince nei tre comuni in cui si era presentato al ballottaggio: Porto Torres, Venaria Reale e Quarto. Sono questi i risultati del secondo turno delle elezioni comunali che hanno chiamato alle urne oltre 2 milioni di elettori. Ancora una volta in calo l’affluenza che si è fermata al 47,1 per cento (63.21 per cento al primo turno). Il risultato finale per i capoluoghi di provincia è di 6 a 4 per il centrodestra: il Pd perde in cinque città e strappa solo Mantova. Mentre un sindaco ha vinto sostenuto da liste civiche.

Il colpo più duro per il Pd si chiama Felice Casson. Il senatore ed esponente della sinistra Pd in laguna non riesce a battere l’imprenditore berlusconiano Luigi Brugnaro (53,21%). Non basta all’ex magistrato l’appello e la sintonia con il M5S per riuscire a strappare la città commissariata dopo l’arresto dell’ex sindaco dem Giorgio Orsoni. “Ha vinto il partito del fare contro il partito del no”, ha commentato il neo primo cittadino. “Sono pronto a dare una mano a Luca Zaia, ma anche Matteo Renzi“. L’analisi della sconfitta per il presidente del Consiglio e segretario del partito sarà nelle prossime ore, ma non è detto che al leader dispiaccia troppo l’esito del ballottaggio: Casson è tra i punti di riferimento di quella parte scomoda dei suoi che Renzi cerca sempre più di isolare. Intanto, sicuramente, il 6-4 per il centrodestra fa – per una volta – ammettere la sconfitta alla pattuglia renziana. “Stanotte non brindiamo, brucia la sconfitta di Venezia, come quella di Arezzo, Fermo, Matera e Nuoro”, dice in un’intervista a Repubblica Lorenzo Guerini, vice segretario del Pd. Per Guerini ‘Mafia Capitale’ “sicuramente non avvicina i cittadini alla politica e, credo, abbia avuto anche qualche conseguenza sul nostro elettorato che si è sentito tradito da coloro i quali hanno sbagliato e che non troveranno più posto nel Partito democratico”. “Nel riepilogo complessivo dei Comuni – aggiunge – il centrosinistra governa più amministrazioni del passato. Abbiamo perso città significative ma altre altrettanto significative, come Mantova e Trani, le abbiamo strappate al centrodestra e confermato Lecco. L’elettorato decide su dinamiche locali”.

Eppure, anche dove il Pd vince, o sembra farlo, ci sono pagine che imbarazzano il partito: tra queste c’è Giugliano in Campania, dove vince il candidato Antonio Poziello, sconfessato dal partito ma non dal neogovernatore De Luca dopo essere stato rinviato a giudizio. La Lega Nord vince invece a Rovigo con Massimo Bergamin: l’esponente del Carroccio gode dell’effetto Zaia che ha trionfato alle Regionali di due settimane fa e riconferma il controllo del centrodestra sulla città. Arezzo passa a destra dopo 20 anni di governo della sinistra: è Alessandro Ghinelli il nuovo primo cittadino dopo un testa a testa fino all’ultima scheda. Il Partito democratico perde invece la rossa Nuoro: il sindaco uscente, Alessandro Bianchi, si ferma poco al di sopra del 30 per cento, e lo sfidante, Andrea Soddu, appoggiato da quattro liste civiche con il Partito sardo d’azione, sfiora il 70. Brutte notizie per il partito del presidente del consiglio, Matteo Renzi, anche da Matera, dove l’uscente Salvatore Adduce (Pd) è dietro allo sfidante Raffaello De Ruggieri, sostenuto da liste civiche del centrosinistra e del centrodestra.

Esce invece confermato il centrosinistra a Trani, dove Amedeo Bottaro è attorno al 75 per cento, e a Macerata, dove Romano Carancini sfiora il 60%; ma nelle Marche il Pd registra la sconfitta di Fermo, dove viene eletto l’ex assessore Paolo Calcinaro, sostenuto da liste civiche. Le notizie migliori per il Pd arrivano dalla Lombardia, dove si impongono nettamente Mattia Palazzi a Mantova (dopo che l’ex giunta Sodano è stata travolta da scandali per corruzione e peculato) e Virginio Brivio a Lecco. Mentre a Chieti vince Umberto Di Primio, del centrodestra.

TUTTI I COMUNI CAPOLUOGO AL VOTO
Regione                Comune           Sindaco                 Voti (%)   Affluenza(%)   ha vinto         precedente
ABRUZZO              Chieti             Umberto Di Primio    55,0         50,5         Centrodestra     Centrodestra
BASILICATA         Matera           R.G. De Ruggieri       54,5         58,1         Centrodestra    Centrosinistra
CALABRIA         Vibo Valentia    Elio Costa                  50,8         71,6         Centrodestra    Centrodestra
LOMBARDIA         Lecco           Virginio Brivio              54,4         47,7         Centrosinistra   Centrosinistra
LOMBARDIA         Mantova       Mattia Palazzi              62,6         43,3         Centrosinistra    Centrodestra
MARCHE               Fermo            Paolo Calcinaro        69,9         48,2            Lista civica   Centrosinistra
MARCHE               Macerata       Romano Carancini     59,1         39,3         Centrosinistra  Centrosinistra
PUGLIA                 Andria           Nicola Giorgino           52,2         73,4          Centrodestra   Centrodestra
PUGLIA                 Trani             Amedeo Bottaro         75,8         37,7         Centrosinistra   Centrodestra
SARDEGNA          Nuoro           Andrea Soddu             68,4         49,1            Lista civica   Centrosinistra
SARDEGNA          Sanluri           Alberto Urpi                47,2        63,3            Lista civica      Lista civica
SARDEGNA  Tempio Pausania    A.M.Biancareddu       52,1        68,5             Lista civica      Lista civica
SICILIA                Agrigento       Calogero Firetto          59,0        67,5           Centrosinistra       Centro
SICILIA                Enna              M.A. Dipietro                51,9         54,2           Centrodestra  Centrosinistra
TOSCANA           Arezzo           Alessandro Ghinelli      50,8        48,4           Centrodestra  Centrosinistra
TR.-ALTO ADIGE Bolzano        Luigi Spagnolli              57,7        40,7          Centrosinistra  Centrosinistra
TRENTINO-A.A.  Trento           Alessandro Andreatta   53,7        54,7          Centrosinistra  Centrosinistra
VALLE D'AOSTA Aosta            Fulvio Centoz                54,2        61,2          Centrosinistra   Centrodestra
VENETO              Rovigo          Massimo Bergamin        59,7        42,7           Centrodestra   Centrodestra
VENETO              Venezia         Luigi Brugnaro              53,2       49,0           Centrodestra   Centrosinistra
Quando l'affluenza alle urne è stata inferiore al 50% l'ho scritta in rosso.



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lunedì 1 giugno 2015

Nelle elezioni del 2015 in 7 regioni, il renzismo non paga!

Dopo il calo dei voti nelle regionali del 2000, Massimo D'Alema dette le dimissioni da presidente del Consiglio. L'esito delle elezioni vide l'insuccesso del centrosinistra, che non riuscì a confermarsi in Liguria, Lazio, Abruzzo e Calabria: in otto regioni (pari a 32 milioni di abitanti) prevalse la coalizione di centro-destra della Casa delle Libertà, mentre, nelle altre sette (pari a 16 milioni di abitanti), vinse lo schieramento di centro-sinistra de L'Ulivo, alleato, in genere, con Rifondazione Comunista. In particolare D'Alema ricevette la delusione peggiore dalla vittoria nel Lazio di Francesco Storace, esponente di Alleanza Nazionale e candidato della Casa delle Libertà.

Il 17 febbraio 2009, a seguito della pesante sconfitta del PD nelle elezioni regionali in Sardegna, Walter Veltroni si è dimesso dall'incarico di segretario del PD, confermando l'irrevocabilità delle proprie dimissioni in un discorso del giorno successivo. 

Vediamo ora cosa farà Renzi, nella doppia veste di segretario del PD e presidente del Consiglio dopo il netto calo di consensi espresso da chi ha votato e soprattutto da chi non si è recato a votare.
Il 31 maggio 2015 si è votato, in Italia, in 7 regioni per il rinnovo dell'amministrazione regionale e in 78 comuni per il rinnovo delle amministrazioni comunali. Fra questi 78 comuni, dove è necessitato, si è votato il 14 giugno per i ballottaggi.

Il dato emblematico delle consultazioni regionali del 2015 è soprattutto la bassa affluenza alle urne: si è recato ai seggi solo il 53,9% degli italiani nelle sette regioni in cui si votava, circa 11 punti in meno rispetto al 64,1% delle precedenti consultazione: è pur vero che si è deciso di votare durante il ponte del 2 giugno, scelta perlomeno distratta, se non in mala fede. 

Il Pd si afferma in Toscana, Marche, Puglia e Umbria. In Campania, a scrutinio quasi ultimato, Vincenzo De Luca è davanti all'azzurro Stefano Caldoro che è sempre rimasto a distanza ravvicinata. Il centrodestra si conferma invece in Veneto con Luca Zaia e conquista la Liguria con Giovanni Toti.

Il Pd si conferma così come primo partito, ma è ben lontano dal 41% delle europee del 2014. In un ipotetico ballottaggio, il secondo partito sarebbe il Movimento 5 Stelle. La Lega va fortissimo ma solo da Roma in su. FI non supera mai il 20% ed è sotto il 10% in Veneto, Umbria, Toscana e Marche.

In Puglia è eletto Emiliano con il 47,38% dei consensi, segretario regionale del PD ma con vedute politiche divergenti dal renzismo di Burlando e Paita; già prima del voto aveva annunciato una politica comune con i 5 stelle, sicuramente sul tema dell'ambiente.

In Liguria il consigliere politico di Silvio Berlusconi, Giovanni Toti, vince con il 34,4%, seguito ad una certa distanza dalla Dem Raffaella Paita (27,8%) con la M5S Alice Salvatore terza e Luca Pastorino, candidato della sinistra, quarto. 
"Il cinico disegno di Cofferati, Civati, Pastorino si realizza compiutamente", ha commentato la candidata del Pd Paita.  

Non penso che le cose stiano esattamente così. La dimensione della débâcle ligure è epocale ed evidenzia la miopia politica del premier rottamatore, che ha lasciato orfana la sinistra dem contando sul suo sconfinamento nella destra locale. Le primarie in cui è stata legittimata la Paita come candidata al governo della regione e in cui si sono consumati inciuci  con destra e malaffare, ha costretto Cofferati all'uscita da un PD che non voleva discutere su quello che stava succedendo e che escludeva fin dall'inizio un'intesa con la sinistra fuori dal partito, per strizzare l'occhio alla destra e replicare in regione il patto del Nazareno.

Checché ne dica Orfini, se Renzi avesse la statura morale dei suoi predecessori, dovrebbe dimettersi, perlomeno da segretario nazionale dei democratici.

Variazioni dei voti al PD nelle 7 regioni interessate dal voto nel 2015

Alessandro De Angelis su: http://www.huffingtonpost.it/2015/06/01/regionali-renzi-pd-bersani_n_7484496.html?1433172489&utm_hp_ref=italy

"Regionali 2015. Il Pd di Renzi va peggio della Ditta di Bersani. Analisi del voto regione per regione

Peggio della Ditta di Pier Luigi Bersani. I numeri raccontano che non solo il Partito della Nazione è evaporato, ma il Pd è tornato sotto i livelli della Ditta dei “rottamati”, quelli che come ama ripetere Renzi “hanno portato la sinistra al 25 per cento”. Per l’esattezza il Pd passa dal 25,9 di Bersani (alle regionali del 2010) al 25,2 di oggi. E allora, andiamo con ordine, nell’analisi dei numeri. Un primo termine di paragone, per capire la portata della battuta d’arresto, sono le Europee dello scorso anno, quelle del 40 per cento in cui il Pd risultò “il partito più votato d’Europa”. Secondo l’analisi dell’Istituto Cattaneo di Bologna, sui dati definitivi, il Pd ha perso oltre due milioni di voti: “Questo risultato negativo – scrive l’Istituto Cattaneo – può essere attribuito solo in parte al fenomeno delle cosiddette liste del presidente”. Le “civiche”, infatti, non sono solo molto “disomogenee”, ma in alcune regioni come Toscana, Umbria e Liguria non ci sono e il Pd ottiene, secondo il Cattaneo, “risultati deludenti rispetto al passato”.

È chiaro che i risultati vanno incrociati anche col crollo dei livelli di partecipazione, ovvero col boom dell’astensione sia rispetto all’anno scorso sia rispetto alle politiche del 2013. Ci sarà tempo per analizzare i “flussi” e quanto abbia pesato a livello nazionale il tema degli “impresentabili”, i conflitti sulla scuola, la crisi, la guerra di Renzi contro la sua sinistra. Dal dato quantitativo già si può dire che il Partito della Nazione, se ancora si può usare la formula non sfonda al centro e perde a sinistra. E questo risulta evidente anche se come il termine di raffronto non si usano le Europee, ma le performance del Pd di Bersani, proprio quelle che Renzi ha sempre giudicato deludenti. In termini assoluti e su scala nazionale, nelle regioni in cui si è votato, Renzi perde rispetto alle politiche del 2013 1.083.557 voti. I segnali della disaffezione sono eclatanti nelle zone rosse. Federico Fornaro, senatore del Pd, viene considerato un “Celso Ghini”, il mitico uomo dei numeri del Pci, dei tempi moderni. All’Huffington Post consegna la sua prima analisi del voto su cui è impegnato dall’alba, incrociando i dati definitivi:

Rispetto alle regionali 2010 i candidati delle coalizioni di centro sinistra arretrano dappertutto: Liguria 27,8% nel 2015 contro il 52,1% del 2010; Veneto 22,7% (29,1%); Toscana 48,0% (59,7%); Marche 41,1% (53,2%); Umbria 42,8% (57,4%); Campania 41,0% (43,0%); Puglia 47,3% (48,7%). Per quanta riguarda il voto alle liste del PD, nel 2015, dopo il travolgente risultato delle Europee 2014, si registra un aumento rispetto al 2010 soltanto in due regioni: la Toscana, dove passa dal 42,2% al 46,3% e nelle Marche dal 31,1% al 35,1%. I democratici calano, invece, nelle altre cinque regioni: Liguria (25.6% contro 28,3%), Veneto (16,7% rispetto al 20,3%), Umbria (35.8% - 36,2%), Campania (19,8% - 21,4%), Puglia (19,3% - 20,7%).
Dunque, peggio della Ditta. I numeri crudi consentono di sfatare anche l’effetto ottico creato da Renzi dopo il voto. Ovvero quello in base al quale in Liguria si è perso per colpa della sinistra “masochista” di Civati e Pastorino. Non è così. Ecco i numeri. In Liguria la Paita prende 183.191 voti (27,8) rispetto agli 424.044 di Burlando del 2010 (52,1). Il risultato di Pastorino 61.988 non basta a colmare il Gap. Anche sommando Pastorino alla Paita il Pd sarebbe andato peggio della Ditta. Proprio il paragone col 2010 – anche allora c’erano le liste civiche – consente di fotografare l’emorragia del Pd sulle sue liste. In Liguria passa da 211.500 voti a 138.190. In Veneto da 456.309 a 307.609. Tra l’altro, dato nel dato, i due volti nuovi del renzismo – Moretti e Paita – sono le candidate che vanno peggio su scala nazionale. Proseguendo in Toscana, con lo stesso candidato governatore, il Pd passa da 641.214 a 614.406. In Umbria da 149.219 a 125.777. Nelle Marche da 224.897 a 186.357. In Campania da 590.592 a 442.511. In Puglia da 410.395 a 313.151.

Proprio nelle due regioni del Sud la vittoria di Emiliano e De Luca si configura come una vittoria in perfetto stile “cacicchi” meridionali, grazie a coalizioni messe su dal candidato presidente che in Campania – il caso di De Luca - ha stretto l’accordo con De Mita, fiero oppositore di Renzi, e i cosentiniani e in Puglia – il caso di Emiliano – ha esteso i confini della coalizione a pezzi di destra. Ma questo è un altro capitolo. Un dato però è interessante. Nel 2010 Vendola vinse col 48.7 rispetto al 47,1 di Emiliano. De Luca ha invece vinto col 41,1 mentre nel 2010 prese di più, il 43, ma perse perché Caldoro aveva dietro di sé il Pdl che non era nemmeno paragonabile a Forza Italia di oggi. Quindi, anche dove vince, Renzi prende meno voti di Bersani."



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