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lunedì 26 gennaio 2015

Ecco chi era a capo dei 101 tradi-dem che hanno affossato Prodi per il colle nel 2013: Renzi

Stefano Fassina
Negli accordi preliminari interni al PD per l'elezione del capo dello stato, Renzi si è raccomandato con la minoranza dem di non fare i franchi tiratori...
Non l'avesse mai fatto: Fassina, senza tanti peli sulla lingua, ha finalmente rivelato che fu Renzi a capo dei 101 che due anni fa hanno affossato Prodi.

Da: http://www.repubblica.it/politica/2015/01/22/
news/quirinale_22_gennaio-105493517/
22-1-2015 - A meno di una settimana dall'inizio del voto per il Colle, i vertici Cinque Stelle rompono il silenzio e chiedono al premier Matteo Renzi di fare pubblicamente i nomi dei "quirinabili". Al tempo stesso continua a salire la tensione all'interno del Pd, dopo lo 'strappo' di ieri sull'Italicum da parte della minoranza al Senato. Questa volta è Stefano Fassina ad attaccare con durezza il presidente-segretario. Il deputato 'dissidente', che in mattinata ha annunciato che la minoranza del Pd non voterà la legge elettorale, lo accusa apertamente: "Non è un segreto, sei stato tu a capo dei 101 che due anni fa hanno affossato Prodi. Noi siamo persone serie. Nessuno deve temere da noi i franchi tiratori".
I 101 di Prodi e i brividi del Pd - Il Video...




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Dalla Grecia, venti di sinistra sull'UE

Tsipras esulta per la sua vittoria
La Grecia ha svoltato decisamente a Sinistra

Da: http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/ESTERI/ grecia_syriza_tsipras/notizie/1143805.shtml
Lunedì 26 Gennaio 2015: Grecia, trionfa Tsipras, Syriza sopra il 36%, accordo con l'Anel (Greci Indipendenti) per una coalizione di governo
Il partito di sinistra di Alexis Tsipras, che ha basato la sua campagna elettorale sul no all'austerity e sulla richiesta di rinegoziare il debito greco con i creditori internazionali, ha vinto le elezioni politiche. «Il partito Greci Indipendenti sosterrà il governo che sarà formato dal presidente incaricato Tsipras. Da questo momento il Paese ha dunzue un nuovo governo». È quanto ha dichiarato Panos Kammenos, il leader del partito Greci Indipendenti (Anel, di destra) uscendo dall'incontro di un'ora avuto con Alexis Tsipras.
Con il 99,81% dei voti scrutinati, il partito di sinistra radicale Syriza ha ottenuto il 36,34% e 149 seggi, mentre Nea Dimokratia (ND, centro-destra) il 27,81% e 76 seggi. Al terzo posto si è piazzato il partito di estrema destra Chrysi Avghì (Alba Dorata) con il 6,28% e 17 seggi. Seguono nell'ordine To Potàmi (Il Fiume, centro-sinistra) con il 6,05% con 17 seggi, il Partito Comunista di Grecia con il 5,47% e 15 seggi, Greci Indipendenti (Anel) con il 4,75% e 13 seggi e il Pasok (socialista) con il 4,68% e 13 seggi.

Tsipras oggi sarà ricevuto dal presidente della Repubblica Karolos Papoulias che gli conferirà l'incarico di formare il governo. Prima dell'incontro con il capo dello Stato, Kammenos dovrà fare una dichiarazione pubblica di sostegno al governo che sarà formato da Tsipras per dargli la cosiddetta «maggioranza dichiarata» prevista dalla Costituzione greca. Il giuramento del nuovo governo potrebbe avvenire martedì pomeriggio o mercoledì mattina. Secondo i media non è prevista una collaborazione di Theodorakis con il governo Syriza-Anel, ma non si esclude che voti la fiducia al governo. In questo caso il nuovo esecutivo disporrebbe in Parlamento di una maggioranza di 178 deputati.
L'esultanza di Alexis Tsipras. «Oggi il popolo greco ha fatto la storia». Sono state le prime parole di Tsipras dopo i risultati del voto. «Chiudiamo il circolo vizioso dell'austerità», ha aggiunto. «I greci hanno mostrato la strada del cambiamento all'Europa», ha detto ancora Tsipras, parlando di «nuova Europa basata sulla solidarietà» e definendo la troika «una cosa del passato. Il voto contro l'austerità è stato forte e chiaro». «Voglio rassicurarvi che il nuovo governo greco sarà pronto a collaborare con tutti gli amici europei» per far «ritornare l'Europa nella stabilità e nella crescita», ha poi sottolineato il leader di Siryza. «Cittadini di Atene, la Grecia oggi ha voltato pagina», ha insistito il premier greco in pectore davanti all'Università di Atene, tra le urla di migliaia di persone che lo aspettavano. «È tornata la speranza, la dignità, l'ottimismo». Tsipras ha ringraziato le delegazioni di tutta Europa venite a sostenere i greci: «È una cosa senza precedenti».
Il trionfo di Siryza potrebbe avere un effetto sismico sulle politiche economiche dell'Ue e persino sull'intero percorso europeo nei prossimi anni. «La Speranza ha vinto», ha scritto Syriza sull'account Twitter del partito, cambiando il vincente slogan pre-elettorale «La Speranza arriva». Il voto respinge seccamente le politiche del rigore, che dall'inizio della crisi e soprattutto dalla firma del Memorandum tra Grecia e troika hanno fallito nel loro obiettivo di creare sviluppo e occupazione, volute dal governo del premier Samaras, con il sostegno del Pasok di Evangelos Venizelos. Che ora vedono ombre nere sul proprio futuro politico.
«È una vittoria storica. È la vittoria del popolo che si è mobilitato contro l'austerità». È questo uno dei primo commenti dei responsabili di Syriza raccolto dalla stampa presente al quartier generale di Tsipras. Il premier greco uscente Samaras ha chiamato Tsipras per riconoscere la sua sconfitta e congratularsi per la vittoria.

Matteo Renzi, secondo quanto riferito all'emittente privata Mega Tv da un parlamentare di Syriza, è stato il primo rappresentante di un governo straniero a congratularsi con Tsipras, subito dopo la pubblicazione degli exit poll. Ma fonti di Palazzo Chigi hanno smentito. «Siamo convinti che Tsipras saprà sfruttare al meglio il risultato elettorale raggiunto, per il bene della Grecia e per consolidare in Europa il percorso per la crescita cui ha lavorato il governo Renzi in questi mesi», afferma la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani.

Alba Dorata, il partito xenofobo di aperte simpatie naziste, nonostante abbia tutta la sua leadership in carcere (dove ha votato) e sia stato sconquassato da inchieste penali per aver costituito un'organizzazione criminale, conquista abbastanza voti da diventare la terza forza del Paese. Se si dovesse arrivare alla necessità di creare una coalizione, e fallissero i tentativi di Syriza e Nea Demokratia, la palla passerebbe a Nikos Michaloliakos (tuttora detenuto). Il presidente Karolos Papoulias, fanno sapere fonti informate, in quel caso gli darebbe l'incarico per telefono.
Resta fuori dal parlamento il Movimento dei socialisti democratici (Kinima) dell'ex premier Giorgos Papandreou (che a caldo dice che «nessun partito, anche se ha la maggioranza assoluta, può affrontare questa crisi da solo»), mentre emerge tra i possibili partner di Syriza anche il partito Potami, che con il suo leader Stavros Theodorakis condivide il rigetto del Memorandum, ma poco altro. Prima del voto anche i socialisti del Pasok (poco sotto il 5%) avevano segnalato disponibilità condizionata a entrare in una coalizione.
Se venissero confermati i risultati, Syriza guadagnerebbe 10 punti percentuali rispetto alle elezioni politiche del 2012, quando ottenne il 26.89%, piazzandosi come secondo partito dietro Nea Dimokratia. Proprio il partito di centrodestra dell'attuale premier scenderebbe invece dal 29.66% del 2012 alla forbice attuale compresa tra il 23 e il 27%.
Alleandosi con Syriza, il partito di centro sinistra To Potàmi (il Fiume), marcatamente europeista, potrebbe rappresentare l'ago della bilancia per la costituzione di un governo di coalizione in questo cruciale momento della politica greca. To Potàmi non ha neanche un anno di vita ma ha già bruciato importanti tappe: fondato il 26 febbraio del 2014 da Stavros Theodorakis, 52 anni, noto giornalista investigativo (divenuto popolarissimo con la trasmissione "Protagonisti" condotta prima sulla Tv statale greca e poi sull'emittente privata Mega), alle europee ha ricevuto a sorpresa il 6,61% delle preferenze e ottenuto due eurodeputati aderendo poi al gruppo dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici.

«Il popolo greco ha deciso chiaramente di dire basta all'austerità e ai diktat della Troika, chiedendo un nuovo governo capace di portare avanti politiche miranti alla crescita e a una maggiore giustizia sociale. A questo punto, la rinegoziazione del debito Greco, e in particolare l'estensione dei termini del programma di rientro, non deve essere più considerata come un tabu». Lo afferma Gianni Pittella, presidente del gruppo dei Socialisti europei al Parlamento europeo.

Il voto dei quasi dieci milioni di greci chiamati è destinato a avere forti riflessi su tutta l'Unione euroea. Tsipras, l'uomo che nel 2004 ha unito la frammentata sinistra greca in un partito, ha convinto gran parte dei greci, schiacciati dalla crisi economica, che il tempo dell'austerità debba finire.
Uno stop ai sacrifici che però contiene anche e soprattutto il rigetto degli accordi stretti tra il suo predecessore, il conservatore Samaras, e i creditori internazionali. E che per questo genera preoccupazione tra i fautori europei del rigore, favorevoli a una continuazione dell'attuale fase politica. Una vittoria della sinistra, dicono, potrebbe mandare la Grecia al fallimento e farla uscire dall'Eurozona. Un'ipotesi però smentita seccamente dallo stesso Tsipras, che pensa che si possa arrivare a un accordo ragionevole.
Tsipras, 40 anni, ingegnere civile ed ex esponente del partito comunista Kke, diventato noto in Grecia quando si è candidato senza successo come sindaco di Atene nel 2006. Inizialmente seguito soprattutto dall'elettorato giovanile, è riuscito poi ad allargare i consensi ai ceti più colpiti dalla crisi.
Sulle elezioni greche c'è anche un occhio italiano particolarmente interessato: quello della "Brigata Kalimera", un nutrito gruppo di oltre 250 persone composto da varie anime della sinistra italiana, giunta ad Atene per sostenere Syriza. Ma anche per imparare ed eventualmente usare anche in Italia la 'ricetta Tsipras' per una sinistra di massa e vincente.

Chi sono i «Greci indipendenti», la destra che si è alleata a Tsipras?
Panos Kammenos
È una delle sorprese alle elezioni: l’accordo con Syriza sembra innaturale, ma i due movimenti, distanti ideologicamente, sono uniti dal «no» all’austerità
Fino a poco tempo fa, fuori dalla Grecia, in pochi avevano dimestichezza con il partito Aneksartitoi Ellines (Greci indipendenti), un gruppo della destra nazionalista che potremmo definire figlio della grande crisi che ha travolto il Paese. Oggi tutti vogliono sapere chi è e da dove nasce questa giovanissima forza politica che ha già fatto l’accordo di governo con Alexis Tsipras. Creando insomma un’alleanza bizzarra, anzi innaturale, e mettendo accanto nel nuovo abbraccio due forze politiche distanti ma unite soltanto da un imperativo: no al “memorandum”, cioè al patto con la troika, composta da Fondo Monetario, Banca centrale europea e Ue. Patto che significa in sostanza tagli, sacrifici e austerità.
Contro Alba Dorata - Prima della crisi il futuro fondatore di «Greci Indipendenti», Panos Kammenos, era un esponente della destra conservatrice di Nuova democrazia, il partito di governo che ha anche un’importante componente liberale. Alle misure draconiane, Kammenos ha detto subito no, lasciando intendere che, in questa battaglia, avrebbe cercato alleati senza guardare alle etichette. «Greci indipendenti» calamita nazionalisti, imprenditori, uomini d’affari cui l’Ue e i suoi vincoli vanno stretti, e chiede controlli sull’immigrazione. Certo «Greci indipendenti» non ha alcun rapporto con gli estremisti neonazisti di «Alba dorata», che rappresentano il terzo partito del Paese. Alcuni leader di «Alba dorata» si trovano in carcere e Kammenos, assieme ad altri deputati, non votò la revoca dell’immunità parlamentare. A parte storie personali di ambizioni e di potere, si può dire che l’innaturale coalizione di governo ha una spiegazione e un retroscena. La spiegazione è il superamento (quantomeno l’annebbiamento) delle vecchie barriere ideologiche.
Il retroscena - Il retroscena è che Kammenos, che non ama di certo il leader di Nuova democrazia e premier uscente Antonis Samaras, si è rifiutato di votare e far votare il candidato-presidente della Repubblica Stavros Dimas. Lo ha fatto, dicono i maligni, perchè era già d’accordo segretamente con Tsipras per una coalizione dopo il voto. E’ accaduto proprio così. C’è chi, come lo scrittore di sinistra Petros Markaris, si è allontanato da Syriza prima del voto, proprio a causa di queste contiguità con la destra nazionalista. L’ha dichiarato, prima delle elezioni all’inviato del Corriere Andrea Nicastro. E’ la prova che non saranno pochi i mal di pancia nel mondo della sinistra radicale greca.                                                                Di Antonio Ferrari.



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martedì 20 gennaio 2015

Nell'Unione Europea, fra fiscal compact e fondo salva stati, poca democrazia e molta aggressività finanziaria

Carta dell'UE con legenda dei paesi membri
e l'anno di adesione.
Le ultime elezioni del Parlamento europeo si sono svolte in uno scenario profondamente diverso da quello dei precedenti appuntamenti. Per "Risultati delle elezioni per il Parlamento Europeo nel 2014 e nel 2009" clicca QUI.
Le ragioni sono molteplici: il Trattato di Lisbona, se da una parte ha notevolmente accresciuto alcuni poteri del Parlamento, dall'altra ha spostato l'equilibrio istituzionale verso il Consiglio europeo a scapito della Commissione, che si è trovata a svolgere una funzione sempre più burocratica, e dello stesso Parlamento. A complicare ancora di più il quadro hanno notevolmente contribuito le modalità con cui è stata affrontata, sotto la spinta dell'emergenza, la crisi economica. Invece di trovare all'interno del Trattato gli strumenti per ridimensionarla, il Consiglio ha escogitato soluzioni istituzionali al suo esterno, con il varo di due trattati internazionali, il Fiscal Compact e l'Esm, con un conseguente minore ruolo per il Parlamento.
L'azione svolta dal Parlamento per affrontare questi problemi e i suoi tentativi di influenzare l’evoluzione politico-istituzionale di questi ultimi anni sono rimasti largamente sconosciuti; certamente non hanno avuto un significativo impatto su un'opinione pubblica sempre più scettica e critica nei confronti delle istituzioni europee.
Il volume “Il Parlamento europeo per la nuova Unione” (Quaderni IAI) a cura di Gianni Bonvicini, cerca di rimediare alla scarsa conoscenza del Parlamento europeo e di delineare una via di riscatto del processo di integrazione, a partire proprio da un ruolo più centrale e strategico del futuro Parlamento. Vedi anche “Il Fiscal Compact”, una pubblicazione IAI-Centro studi sul federalismo, a cura di Gianni Bonvicini e Flavio Brugnoli. Gianni Bonvicini è vicepresidente vicario dell'Istituto affari internazionali (Iai) e Flavio Brugnoli è direttore del Centro studi sul federalismo (Csf).

Fiscal Compact - Il “Patto di bilancio europeo”, formalmente “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria” (conosciuto anche con l'anglicismo "fiscal compact", letteralmente "patto finanziario"), è un accordo approvato con un trattato internazionale il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri dell'Unione europea, con l'eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, entrato in vigore il 1º gennaio 2013.
Il patto contiene una serie di regole, chiamate "regole d'oro", che sono vincolanti nell'UE per il principio dell'equilibrio di bilancio. Ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, tutti gli stati membri dell'Unione europea hanno firmato il trattato.
Negli Stati membri dell'Unione europea, la maggior parte delle decisioni riguardanti le tasse e la spesa pubblica rimaneva di competenza dei governi nazionali. Il controllo sulla politica fiscale era tradizionalmente considerato centrale per la sovranità nazionale e non esisteva un'unione fiscale tra stati indipendenti. Dopo qualche mese di trattative, il 30 gennaio 2012 il Consiglio europeo, con l'eccezione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, ha approvato il nuovo patto fiscale.
Solo i paesi che avranno introdotto tale regola entro il 1º marzo 2014 potranno ottenere eventuali prestiti da parte del Meccanismo Europeo di Stabilità. L'obiettivo, dopo l'entrata in vigore, è quello di incorporare entro cinque anni il nuovo trattato nella vigente legislazione europea.
L'accordo prevede per i paesi contraenti, secondo i parametri di Maastricht fissati dal Trattato CE, l'inserimento, in ciascun ordinamento statale (con norme di rango costituzionale, o comunque nella legislazione nazionale ordinaria), di diverse clausole o vincoli tra le quali:
- obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio (art. 3, c. 1),
- obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del PIL (e superiore all'1% per i paesi con debito pubblico inferiore al 60% del PIL)
- significativa riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL, pari ogni anno a un ventesimo della parte eccedente il 60% del PIL
- impegno a coordinare i piani di emissione del debito col Consiglio dell'Unione e con la Commissione europea (art. 6).
Sebbene sia stato negoziato da 25 Paesi dell'Unione europea, l'accordo non fa formalmente parte del corpus normativo dell'Unione europea.
I principali punti contenuti nei 16 articoli del trattato sono:
- l'impegno ad avere un deficit pubblico strutturale che non deve superare lo 0,5% del PIL e, per i paesi il cui debito pubblico è inferiore al 60% del PIL, l'1%;
- l'obbligo per i Paesi con un debito pubblico superiore al 60% del PIL, di rientrare entro tale soglia nel giro di 20 anni, ad un ritmo pari ad un ventesimo dell'eccedenza in ciascuna annualità;
- l'obbligo per ogni stato di garantire correzioni automatiche con scadenze determinate quando non sia in grado di raggiungere altrimenti gli obiettivi di bilancio concordati;
- l'impegno a inserire le nuove regole in norme di tipo costituzionale o comunque nella legislazione nazionale, che verrà verificato dalla Corte europea di giustizia;
- l'obbligo di mantenere il deficit pubblico sempre al di sotto del 3% del PIL, come previsto dal Patto di stabilità e crescita; in caso contrario scatteranno sanzioni semi-automatiche;
- l'impegno a tenere almeno due vertici all'anno dei 18 leader dei paesi che adottano l'euro.
Il 14 gennaio 2014 il trattato è stato ratificato da 24 dei 25 firmatari, di cui 17 membri dell'eurozona

Esm - Il Meccanismo europeo di stabilità (MES), detto anche "Fondo salva-Stati", istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona (art. 136) approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo a Bruxelles il 25 marzo 2011, nasce come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro (art. 3). Esso ha assunto però la veste di organizzazione intergovernativa (sul modello dell'FMI), a motivo della struttura fondata su un consiglio di governatori (formato da rappresentanti degli stati membri) e su un consiglio di amministrazione e del potere, attribuito dal trattato istitutivo, di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti al fondo-organizzazione. Il Consiglio Europeo di Bruxelles del 9 dicembre 2011, con l'aggravarsi della crisi dei debiti pubblici, decise l'anticipazione dell'entrata in vigore del fondo, inizialmente prevista per la metà del 2013, a partire da luglio 2012. Successivamente, però, l'attuazione del fondo è stata temporaneamente sospesa in attesa della pronuncia da parte della corte costituzionale della Germania sulla legittimità del fondo con l'ordinamento tedesco. La Corte Costituzionale Federale tedesca ha sciolto il nodo giuridico il 12 settembre 2012, quando si è pronunciata, purché vengano applicate alcune limitazioni, in favore della sua compatibilità con il sistema costituzionale tedesco.
Il MES sarà regolato dalla legislazione internazionale e avrà sede a Lussemburgo. Il fondo emetterà prestiti (concessi a tassi fissi o variabili) per assicurare assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà e acquisterà titoli sul mercato primario (contestualmente all'attivazione del programma Outright Monetary Transaction), ma a condizioni molto severe. Queste condizioni rigorose "possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite" (art. 12). Potranno essere attuati, inoltre, interventi sanzionatori per gli stati che non dovessero rispettare le scadenze di restituzione i cui proventi andranno ad aggiungersi allo stesso MES. È previsto, tra le altre cose, che "in caso di mancato pagamento, da parte di un membro dell'Esm, di una qualsiasi parte dell'importo da esso dovuto a titolo degli obblighi contratti in relazione a quote da versare [...] detto membro dell'Esm non potrà esercitare i propri diritti di voto per l'intera durata di tale inadempienza" (art. 4, c. 8).
Il fondo è gestito dal Consiglio dei governatori formato dai ministri finanziari dell'area euro, da un Consiglio di amministrazione (nominato dal Consiglio dei governatori) e da un direttore generale, con diritto di voto, nonché dal commissario UE agli Affari economico-monetari e dal presidente della BCE nel ruolo di osservatori. Le decisioni del Consiglio devono essere prese a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice (art. 4, c. 2). Il MES emette strumenti finanziari e titoli, simili a quelli che il FESF emise per erogare gli aiuti a Irlanda, Portogallo e Grecia (con la garanzia dei paesi dell’area euro, in proporzione alle rispettive quote di capitale nella BCE), e potrà acquistare titoli di stati dell’euro zona sul mercato primario e secondario. Il fondo potrà concludere intese o accordi finanziari anche con istituzioni finanziarie e istituti privati. È previsto l'appoggio anche delle banche private nel fornire aiuto agli stati in difficoltà. In caso di insolvenza di uno Stato finanziato dallo MES, quest’ultimo avrà diritto a essere rimborsato prima dei creditori privati.
L'operato del MES, i suoi beni e patrimoni ovunque si trovino e chiunque li detenga, godono dell'immunità da ogni forma di processo giudiziario (art. 32). Nell'interesse del MES, tutti i membri del personale sono immuni a procedimenti legali in relazione ad atti da essi compiuti nell'esercizio delle proprie funzioni e godono dell'inviolabilità nei confronti dei loro atti e documenti ufficiali (art. 35). Tuttavia, un collegio di cinque revisori esterni (art. 30, comma 1 e 2), indipendente e nominato dai governatori del fondo, ha accesso ai libri contabili e alle singole transazioni del MES. La composizione del collegio è così ripartita: un membro proviene dalla Corte dei Conti Europea, e altri due a rotazione dagli organi supremi di controllo degli Stati membri.
La Corte Costituzionale tedesca ha posto un limite al contributo tedesco al salvataggio dei Paesi in difficoltà, evitando comunque di vincolare ogni singola azione dell'Esm al giudizio del Parlamento.

Vediamo ora quello che ha comportato il trattato di Lisbona.
Il trattato di Lisbona non modifica in modo sostanziale l'architettura istituzionale dell'Unione europea, che resta fondata sul triangolo ParlamentoConsiglioCommissione. Introduce, tuttavia, alcuni elementi nuovi che ne rafforzano l'efficienza, la coerenza e la trasparenza per venire meglio incontro alle esigenze dei cittadini europei.
Le istituzioni dell'Unione europea diventano sette:
- il Parlamento europeo,
- il Consiglio europeo,
- il Consiglio,
- la Commissione europea,
- la Corte di giustizia dell'Unione europea,
- la Banca centrale europea e
- la Corte dei conti.

Che cosa è cambiato con il trattato di Lisbona?

Il Parlamento europeo
Il Parlamento europeo rappresenta i cittadini degli Stati membri. Il trattato di Lisbona ne consolida i poteri in materia legislativa, finanziaria e di approvazione degli accordi internazionali. Ne modifica anche la composizione: il numero dei deputati europei non può essere superiore a 751 (750 più il presidente) e la ripartizione dei seggi tra gli Stati membri deve rispettare il principio della proporzionalità decrescente. In poche parole, questo principio significa che i deputati dei paesi più popolosi rappresentano un numero di cittadini più elevato di quelli dei paesi con un minor numero di abitanti. Il trattato dispone inoltre che ciascuno Stato membro non può avere meno di 6 o più di 96 deputati.
Eletti direttamente a suffragio universale ogni 5 anni, i membri del Parlamento europeo rappresentano i cittadini dell'UE. Il Parlamento, insieme al Consiglio dell'Unione europea, è una delle principali istituzioni legislative dell'UE.
Il Parlamento europeo ha tre funzioni principali:
- discutere e approvare le normative europee insieme al Consiglio
- controllare le altre istituzioni dell'UE, in particolare la Commissione, per accertarsi che agiscano democraticamente
- discutere e adottare il bilancio dell'UE insieme al Consiglio.
I gruppi parlamentari sono organizzati in base allo schieramento politico, non in base alla nazionalità. Il Parlamento europeo dispone di tre sedi: Bruxelles (Belgio), Lussemburgo e Strasburgo (Francia). Lussemburgo è la sede degli uffici amministrativi (il "Segretariato generale").
Le riunioni dell'intero Parlamento, note come "sessioni plenarie", si svolgono a Strasburgo e a Bruxelles. Anche le riunioni delle commissioni si svolgono a Bruxelles.

Il Consiglio europeo
Il Consiglio europeo, la cui funzione è dare slancio alla politica dell'UE, diventa un'istituzione europea, senza tuttavia ricevere nuove attribuzioni. Per contro, appare una nuova figura: il presidente del Consiglio europeo. Eletto per un periodo di due anni e mezzo, ha principalmente il compito di garantire la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio europeo e di ricercare il consenso. La funzione di presidente del Consiglio europeo non è compatibile con altri mandati nazionali.
Il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato o di governo dei paesi membri, dal presidente della Commissione e dal Presidente del Consiglio europeo stesso, che presiede le sessioni. Anche l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza partecipa ai lavori. Il presidente del Consiglio europeo è Herman Van Rompuy. Il suo secondo mandato è iniziato il 1º giugno 2012 e scadrà il 30 novembre 2014.

Il Consiglio
Il Consiglio rappresenta i governi degli Stati membri. Il suo ruolo resta pressoché invariato. Il Consiglio continua a condividere le funzioni legislative e di bilancio con il Parlamento europeo e conserva un ruolo centrale in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) e di coordinamento delle politiche economiche.
L'innovazione principale introdotta dal trattato di Lisbona riguarda il processo decisionale. Innanzitutto viene stabilito che il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo laddove i trattati prevedano una procedura diversa, come il voto all'unanimità. In pratica, con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona il voto a maggioranza qualificata viene esteso a numerosi settori d'intervento (quali l'immigrazione o la cultura).
In secondo luogo, l'introduzione dal 2014 del voto a doppia maggioranza, vale a dire quella degli Stati (55%) e quella della popolazione (65%), che riflette la doppia legittimità dell'Unione, rafforzerà sia la trasparenza che l'efficacia. Questo nuovo sistema di calcolo sarà completato da un meccanismo analogo al cosiddetto "compromesso di Ioannina", che dovrebbe permettere ad un numero limitato di Stati membri (vicino alla minoranza di blocco) di manifestare la loro opposizione ad una determinata decisione. In tal caso il Consiglio è tenuto a fare di tutto per giungere, in un lasso di tempo ragionevole, ad una soluzione soddisfacente per entrambe le parti.
Il Consiglio dell'Unione europea, detto anche Consiglio UE, è l'istituzione in seno alla quale i ministri di tutti i paesi dell'UE si riuniscono per adottare le normative e coordinare le politiche.
Non va confuso con:
il Consiglio europeo: un'altra istituzione dell'UE, che riunisce i capi di Stato e di governo all'incirca quattro volte l'anno per discutere le priorità politiche dell'Unione
il Consiglio d'Europa: non è un'istituzione dell'UE.
Di cosa si occupa?
Approva la legislazione dell'UE
Coordina le politiche economiche generali dei paesi membri
Firma accordi tra l'UE e gli altri paesi
Approva il bilancio annuale dell'UE
Elabora la politica estera e di difesa dell'UE
Coordina la cooperazione fra i tribunali e le forze di polizia nazionali dei paesi membri.
Presidenza dell'UE:
Dal 1° gennaio al 30 giugno 2014 il compito di portare avanti l'agenda dell'UE spetta alla Grecia,
toccherà poi all'Italia.

La Commissione europea
Il suo compito principale è promuovere l'interesse comune europeo. Il nuovo trattato permette che vi sia un commissario per ciascuno Stato membro, mentre secondo i trattati precedenti il numero dei commissari andava ridotto e si sarebbero avuti meno commissari che Stati membri.
Altra importante novità: il trattato di Lisbona introduce un nesso diretto tra l'esito delle elezioni del Parlamento europeo e la scelta del candidato alla presidenza della Commissione.
Il ruolo del presidente della Commissione risulta inoltre rafforzato, dal momento che potrà obbligare un membro del collegio ad abbandonare le sue funzioni.
La Commissione europea è l'organo esecutivo dell'UE e rappresenta gli interessi dell'Europa nel suo insieme (a differenza degli interessi dei singoli paesi).
Il termine "Commissione" si riferisce sia al collegio dei commissari che all'istituzione stessa, la cui sede principale è a Bruxelles (Belgio). Alcuni uffici sono a Lussemburgo. La Commissione è inoltre presente in tutti i paesi membri dell'UE con le cosiddette "rappresentanze".
Le principali funzioni della Commissione sono:
- fissare gli obiettivi e le priorità d'azione
- presentare proposte di legislazione al Parlamento e al Consiglio
- gestire e attuare le politiche e il bilancio dell'UE
- vigilare sull'applicazione del diritto europeo (insieme alla Corte di giustizia)
- rappresentare l'UE al fuori dell'Europa (negoziare accordi commerciali tra l'UE e il resto del mondo, ecc.).
Ogni cinque anni viene nominata una nuova squadra di 28 commissari (uno per ciascun paese dell'UE). Il Consiglio europeo nomina un candidato per la carica di presidente della Commissione, che deve essere approvato dalla maggioranza dei membri del Parlamento europeo. Se gli eurodeputati respingono il nominativo proposto, il Consiglio ha un mese di tempo per presentarne un altro. Il presidente eletto sceglie i commissari (e i rispettivi portafogli) tra i candidati presentati dai paesi dell'UE.
L'elenco dei commissari viene sottoposto per approvazione (con maggioranza qualificata) prima al Consiglio dei ministri, poi al Parlamento. Se quest'ultimo lo approva, la nuova Commissione è ufficialmente nominata dal Consiglio.
L'attuale mandato della Commissione scade il 31 ottobre 2014. Il presidente è il portoghese José Manuel Barroso.

L'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione
La creazione della figura di alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza costituisce una delle principali innovazioni istituzionali del trattato di Lisbona. La coerenza dell'azione esterna dell'UE ne dovrebbe risultare rafforzata.
L'alto rappresentante ha un doppio incarico: è il mandatario del Consiglio per la politica estera e di sicurezza comune (PESC), nonché vicepresidente della Commissione, responsabile delle relazioni esterne. Incaricato di condurre sia la politica estera che la politica di difesa comune, presiede il Consiglio "Affari esteri". Inoltre rappresenta l'Unione europea sulla scena internazionale per le materie che rientrano nella PESC ed è assistito da un servizio europeo per l'azione esterna, composto da funzionari del Consiglio, della Commissione e dei servizi diplomatici nazionali.

Le altre istituzioni
Per la Banca centrale europea (BCE) e la Corte dei conti vengono mantenute, senza cambiamenti di rilievo, le disposizioni degli attuali trattati. Quanto alla Corte di giustizia dell'Unione europea, il trattato di Lisbona ne amplia il campo d'intervento, specie in materia di cooperazione penale e di polizia, ed introduce alcune modifiche procedurali.

I parlamenti nazionali
I parlamenti nazionali, anche se non fanno parte della struttura istituzionale dell'Unione europea, svolgono un ruolo fondamentale nel suo funzionamento. Il trattato di Lisbona riconosce e rafforza il loro ruolo. Ad esempio, se un determinato numero di parlamenti nazionali è del parere che un'iniziativa legislativa avrebbe dovuto essere presa a livello locale, regionale o nazionale piuttosto che al livello dell'UE, la Commissione è tenuta a ritirarla o a spiegare chiaramente i motivi per i quali ritiene che la sua iniziativa sia conforme al principio di sussidiarietà.


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