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giovedì 1 ottobre 2015

Origini dei partiti in Inghilterra

Vignetta dei Tory.
ORIGINE DEI PARTITI CONSERVATORI - I partiti conservatori sono organizzazioni politiche di orientamento tradizionalista o moderato, sorte nel 19° secolo e tuttora presenti in molti Paesi. Si definiscono conservatori i partiti che, contro alle ideologie più radicali di progresso, affermano il valore della tradizione e la continuità degli assetti sociali, politici e istituzionali, rifacendosi dunque al conservatorismo e collocandosi nel fronte di centrodestra dello schieramento politico.

Logo del Partito Conservatore
La nascita dei partiti conservatori è legata alla storia del parlamentarismo inglese, al cui interno già nel 1680 si formò una fazione politica denominata spregiativamente Tory (tories si chiamavano infatti le bande di briganti che infestavano le regioni irlandesi nel 17° sec.), per via del fatto che i suoi membri approvarono la successione di un erede cattolico al trono di Carlo II.
Successivamente i tories divennero fedeli sostenitori degli interessi della Corona e dal 1832 si denominarono conservatives (conservatori), costituendosi come rappresentanza politica dei ceti aristocratici e della grande proprietà terriera. I moderni partiti conservatori, tra i quali il più importante resta il Partito conservatore britannico, si distinguono per incorporare uno o più elementi della tradizione politica nel cui contesto si trovano a operare, quali il confessionalismo, il nazionalismo, il liberalismo ecc. Almeno nell’esperienza europea questi partiti presentano tuttavia, come caratteristica in qualche modo unificante, la composizione della propria base sociale ed elettorale costituita da interessi collegati prevalentemente agli strati medio-alti della borghesia. I Tory diventarono il Partito Conservatore.

Nel partito conservatore tedesco è riconoscibile la tradizione luterana ma anche quella della destra cattolica (è il caso della CSU, Christlich-Soziale Union, di F.J. Strauss).

Fra i partiti conservatori avvicendatisi in Francia, ai caratteri di polemica antilluministica, antirivoluzionaria e antiliberale propri di un certo conservatorismo cattolico (di cui fu esponente J. de Maistre) si sostituì il nazionalismo «laico» del partito gollista, prima espresso dall’Unione per la nuova Repubblica (1958-67), in seguito dall’Unione per la difesa della Repubblica, divenuta poi Unione dei democratici per la Repubblica (UDR).

In Italia un partito conservatore, dal Risorgimento a oggi, non è mai emerso come forza organizzata, pur nella presenza di correnti variamente sostenitrici della conservazione sociale. Nel primo cinquantennio repubblicano, tale funzione fu svolta principalmente dal Partito liberale (PLI), sebbene tendenze conservatrici trovassero espressione anche nella Democrazia cristiana o in forze minori quali i monarchici.

Nel continente americano, la denominazione di partito conservatore riguarda una serie di forze politiche diverse: in Canada il Partito conservatore (1854-1942) assunse poi il nome di Partito progressista conservatore dopo l’assorbimento del Partito progressista nel 1942, per tornare al nome precedente nel 2003; in Cile, il Partito conservatore fu a lungo una forza unitaria (1851-1949), per poi spaccarsi in due fazioni e infine ribattezzarsi Partito conservatore unito (1956-66); partiti conservatori sono attivi inoltre in Colombia (dal 1849), Nicaragua (dal 1830) e Venezuela (1830-1908). Negli Stati Uniti un Partito conservatore è sorto nel 1962, ma la sua presenza è limitata allo Stato di New York e nelle elezioni esso ha appoggiato di norma i candidati repubblicani.

Logo del Partito Liberale.
ORIGINE DEI PARTITI LIBERALI - Whig è il nome che spesso denota uno dei principali partiti politici in Inghilterra, e più tardi nel Regno di Gran Bretagna e nel Regno Unito, tra il tardo Seicento e la metà dell'Ottocento. La fazione, per le sue connotazioni di tolleranza sociale e religiosa, è considerata antitetica a quella dei Tories, fortemente monarchici e contrari a qualsiasi forma religiosa diversa dall'anglicanesimo.
Mentre le origini dei Whig si rifanno alla monarchia costituzionale, i loro avversari si richiamavano all'assolutismo monarchico. Non vi fu una politica di partito coesa almeno fino al 1784, anno dell’ascesa di Charles James Fox come leader del ricostituito partito dei Whig schierato contro il partito al governo dei nuovi Tory di William Pitt il Giovane. In generale, la politica dei Whig andava a supporto delle grandi famiglie aristocratiche e dei non-Anglicani (i dissenters, quali ad esempio i Presbiteriani), mentre i Tory davano il proprio sostegno alla Chiesa Anglicana e alla gentry inglese. Più tardi, i Whig incontrarono l’interesse della classe emergente industriale e dei mercanti più ricchi, ed i Tory a loro volta drenavano consensi dai proprietari terrieri e dai membri della Corona Britannica. Il nome formale dei Whig era in origine Country Party (opposti ai Tory, il Court Party). Ad ogni modo, nel corso del XIX secolo il programma politico dei Whig abbracciava non più solamente gli ideali di un Parlamento dominante rispetto al monarca e del libero scambio, ma anche l’abolizione dello schiavismo, e, ancora più importante, l’ampliamento del suffragio. Infine, nel 1859 i Whig formarono il Partito Liberale sotto la guida di Lord Aberdeen e William Gladstone in seguito ad una fusione.

Logo del Partito Laburista.
ORIGINE DEI PARTITI SOCIAL-DEMOCRATICI - Il Partito Laburista (in inglese Labour Party, chiamato generalmente solo Labour) è un partito politico britannico di centrosinistra. Il partito nasce alla fine del XIX secolo sulla scia dei movimenti sindacali e partiti socialisti che vogliono rappresentare i lavoratori. Si definisce un partito socialista democratico. Il Regno Unito fu il primo Paese a vivere la rivoluzione industriale, e di conseguenza il primo a vedere la nascita di un movimento operaio. Le rivendicazioni economiche trovarono il loro strumento di espressione e di lotta nelle associazioni di categoria (Trade Unions), mentre su un piano strettamente politico la classe operaia aderì al movimento Cartista, il cui obiettivo era il raggiungimento del suffragio universale, che peraltro non venne concesso.

In seguito, mentre le Trade Unions aumentavano la propria influenza, in campo politico la classe operaia dette il proprio appoggio prima ai Radicali, e in seguito al Partito Liberale, senza costituire un partito autonomo, sia per la lentezza con cui veniva allargato il diritto di voto, sia per il sistema elettorale (maggioritario a turno unico), sia per il modo in cui i collegi elettorali erano disegnati, attribuendo un peso sproporzionato alle zone di campagna a scapito delle città industriali, sia per la scarsa influenza del marxismo. La prima svolta avvenne nel 1881, quando proprio un ammiratore di Marx, Henry Mayers Hyndman, fondò la Federazione Social-Democratica, cui aderirono Eleanor Marx e l'artista William Morris (questi ultimi nel 1884 si staccarono a sinistra fondando la Lega Socialista). Tra gli altri gruppi di orientamento più o meno socialista, grande importanza assunse la Società Fabiana (1884), appoggiata dallo scrittore George Bernard Shaw e sostenitrice di una linea gradualista.

Finalmente, nel 1893, sorse il Partito Laburista Indipendente, diretto da un ex minatore, Keir Hardie. Fu quest'ultimo gruppo che, in una fase di restrizioni poste dal Governo alla libera azione delle Trade Unions, riuscì a superare le divisioni tra i vari gruppi politici e sindacali, convocando un congresso a Londra il 27 febbraio 1900, che dette vita al Comitato di Rappresentanza del Lavoro; segretario fu eletto Ramsay MacDonald, esponente delle correnti più vicine al liberalismo e al parlamentarismo. Solamente nel 1906, il Comitato ottenne un significativo risultato elettorale, raggiungendo 29 seggi (5,7% dei voti), cui possono essere aggiunti 24 sindacalisti eletti con i liberali. Il successo spinse i nuovi parlamentari a dar vita al Partito Laburista. Esso inizialmente non prevedeva un'adesione individuale, bensì attraverso i gruppi preesistenti: tra questi particolare importanza aveva il Partito Laburista Indipendente.
Storicamente il partito si pone a favore del socialismo e delle sue politiche: l'interventismo dello stato in economia, la redistribuzione della ricchezza, lo stato sociale, sanità e istruzione pubblica. Il partito aderisce all'Internazionale Socialista, al Partito del Socialismo Europeo e i suoi europarlamentari aderiscono al gruppo dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici.

A partire dal New Labour buona parte del suo elettorato proviene anche dalla classe media. Dagli anni ottanta, infatti, con Neil Kinnock e poi con Tony Blair, il partito cambia a favore del libero mercato, diventando un partito socialdemocratico.
Il partito, storicamente riconducibile al Socialismo democratico e alla Socialdemocrazia, dalla seconda metà degli anni novanta è stato dominato da esponenti facenti capo alle correnti progressiste, socioliberali e vicine alla terza via, tra cui Tony Blair, primo ministro dal 1997 al 2007, Alastair Campbell e Gordon Brown, primo ministro dal 2007 al 2010.
Jeremy Corbyn.
Dal 12 settembre 2015 presidente e leader del partito è Jeremy Corbyn, veterano della sinistra interna, critica nei confronti della deriva centrista e liberale del partito e di stampo socialista. 
È uno dei tre principali partiti del sistema politico britannico e dal 1997 al 2010 è stato il primo per numero di voti nelle elezioni generali. A livello internazionale aderisce in qualità di membro osservatore all'Internazionale Socialista e fa parte dell'Alleanza Progressista. A livello europeo aderisce al Partito del Socialismo Europeo ed i suoi esponenti siedono nel gruppo dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici. Da wikipedia.it


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lunedì 6 luglio 2015

La Grecia non ci sta, osa indire un referendum e rifiuta di farsi spennare

I risultati del referendum greco sull'accettazione delle
politiche di austerità imposte dall'UE in cambio di
 aiuti economici.
Referendum Grecia: "No" al 61,31%. Varoufakis si dimette per aiutare Tsipras.
(AGI) - Roma, 6 lug. - La Grecia dice un fortissimo "no" al piano dei creditori di Atene: il 61,31% degli elettori ha votato contro il 38,69% dei "si". Sono i dati finali, diffusi dal ministero dell'Interno greco al termine dello spoglio delle schede. Un risultato netto che sembra chiudere le porte all'accordo e aprire uno scenario che potrebbe portare la Grecia a uscire dall'euro. E oggi, a sorpresa, arriva la svolta "europeista" di Tsipras: se ne va il ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, autentico 'nemico' dei creditori e artefice della rottura. Varoufakis ha rassegnato le dimissioni annunciandolo sui social network. Sul suo profilo Twitter il ministro ha scritto: "Minister No More!", mi dimetto per favorire un accordo
Poi, in un post sul suo blog, Varoufakis ha spiegato di aver lasciato l'incarico per consentire al primo ministro, Alexis Tsipras, di stringere piu' facilmente un accordo con i creditori. "Subito dopo l'annuncio dei risultati del referendum, sono stato informato di una certa preferenza di alcuni membri dell'Eurogruppo e di 'partner' assortiti per una mia... 'assenza' dai loro vertici, un'idea che il primo ministro ha giudicato potenzialmente utile per consentirgli di raggiungere un'intesa", scrive Varoufakis, "per questa ragione oggi lascio il ministero delle Finanze".
"Considero mio dovere aiutare Alexis Tsipras a sfruttare come ritiene opportuno il capitale che il popolo greco ci ha garantito con il referendum di ieri", ha aggiunto l'ex ministro, "e portero' con orgoglio il disgusto dei creditori". Ieri sera, subito dopo la vittoria del 'no' al referendum, il ministro delle Finanze greco, Yannis Varoufakis, aveva dichiarato: "In questi 5 mesi i nostri creditori hanno rifiutato ogni proposta di discussione, volevano umiliarci. Da domani, grazie a questo bel no chiameremo i nostri partner per trovare un terreno comune". "Volevano colpirci - ha aggiunto - per la nostra resistenza alle loro proposte inaccettabili. Questo era l'obiettivo del loro ultimatum del 21 giugno, che noi abbiamo rimandato indietro con questo voto. Da domani con questo tenderemo una mano per collaborare con i nostri partner e chiameremo ognuno di loro per ricercare un terreno comune di incontro e per trovare una soluzione che sia favorevole ad entrambe le parti". Dal canto suo, Alexis Tsipras aveva dichiarato in tv: "Da domani la Grecia tornera' al tavolo delle trattative". Il premier greco, in un intervento televisivo aveva indicato tre priorita': il funzionamento delle banche, un programma di riforme basato sull'equita' e la questione del debito, cosi' come l'ha recentemente impostata il Fmi. "La nostra priorita' e' un velocissimo riordino del sistema bancario - ha detto Tsipras - e la stabilita' economica. La Bce deve tener presente la situazione sociale e umana del nostro Paese". Inoltre "noi vogliamo continuare le trattative presentando un programma di riforme basate sulla giustizia sociale". "Sul tavolo negoziale dovra' poi esserci anche la questione del debito, specie dopo il rapporto del Fmi nel quele si dice che occorre riarticolare la questione del debito, perche ci sia un'uscita dalla crisi non solo per la Grecia ma anche per l'Europa".

Yanis Varoufakis si è dimesso
Dal Blog di Varoufakis:
Minister No More!
Posted on July 6, 2015 by yanisv
The referendum of 5th July will stay in history as a unique moment when a small European nation rose up against debt-bondage.
Like all struggles for democratic rights, so too this historic rejection of the Eurogroup’s 25th June ultimatum comes with a large price tag attached. It is, therefore, essential that the great capital bestowed upon our government by the splendid NO vote be invested immediately into a YES to a proper resolution – to an agreement that involves debt restructuring, less austerity, redistribution in favour of the needy, and real reforms.
Soon after the announcement of the referendum results, I was made aware of a certain preference by some Eurogroup participants, and assorted ‘partners’, for my… ‘absence’ from its meetings; an idea that the Prime Minister judged to be potentially helpful to him in reaching an agreement. For this reason I am leaving the Ministry of Finance today.
I consider it my duty to help Alexis Tsipras exploit, as he sees fit, the capital that the Greek people granted us through yesterday’s referendum.
And I shall wear the creditors’ loathing with pride.
We of the Left know how to act collectively with no care for the privileges of office. I shall support fully Prime Minister Tsipras, the new Minister of Finance, and our government.
The superhuman effort to honour the brave people of Greece, and the famous OXI (NO) that they granted to democrats the world over, is just beginning.

La traduzione del post di Varoufakis, grosso modo è la seguente:
Non più Ministro!
Pubblicato il 6 Luglio 2015 da yanisv
Il referendum del 5 luglio rimarrà nella storia come un momento unico in cui una piccola nazione europea si sollevò contro il debito-bondage.
Come tutte le lotte per i diritti democratici, così anche questo rifiuto storico del 25 giugno all'ultimatum dell'Eurogruppo è dotato di un grande cartellino del prezzo attaccato. E 'quindi essenziale che il grande capitale elargito al nostro governo dallo splendido voto NO sia investito immediatamente in un sì a una risoluzione adeguata - ad un accordo che prevede la ristrutturazione del debito, meno austerità, ridistribuzione a favore dei bisognosi, e riforme vere.
Subito dopo l'annuncio dei risultati del referendum, sono stato messo al corrente di una certa preferenza di alcuni partecipanti dell'Eurogruppo, e 'partner' assortiti, per la mia ... 'assenza' dalle loro riunioni; un'idea che il Primo Ministro ha giudicato potenzialmente utile per lui al fine di trovare un accordo. Per questo lascio il Ministero delle Finanze oggi.
Considero un mio dovere quello di aiutare Alexis Tsipras a compiere un exploit, come meglio crede, con il capitale che il popolo greco ci ha concesso attraverso il referendum di ieri.
E sosterrò il disgusto dei creditori europei nei miei confronti con orgoglio.
Noi della sinistra sappiamo come agire collettivamente senza curarci dei privilegi che abbiamo a disposizione attraverso i nostri incarichi. Sosterrò pienamente Primo Ministro Tsipras, il nuovo ministro delle Finanze, e il nostro governo.
Lo sforzo sovrumano per onorare le persone coraggiose della Grecia, e il famoso OXI (NO) che concesse ai democratici di tutto il mondo, è solo all'inizio.



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lunedì 29 giugno 2015

La Grecia non vuole più subire l'austerità autoritaria e violenta impostale da UE e Fmi

Yanis Varoufakis.
26-06-2015: Posto dinanzi all’alternativa drammatica tra rifiutare l’ultima proposta - quasi un ultimatum - dei creditori internazionali e sottoscriverla, affrontando una tempesta nel partito e nel governo, Alexis Tsipras, dopo una riunione dei ministri convocata frettolosamente al ritorno dall’ennesimo, inconcludente negoziato a Bruxelles con i partner europei, la Bce e il Fmi,  ha annunciato un referendum per il 5 luglio. La domanda della consultazione popolare non sarà sulla permanenza dell’euro ma sull’accettazione dell’ultimo piano proposto dai creditori.
Ma l’Eurogruppo non ci sta e rifiuta la richiesta del governo greco di estendere l’attuale programma di salvataggio oltre il 30 giugno. «Il programma di aiuti internazionali alla Grecia finirà martedì sera», lo ha detto Jeroen Dijsselbloem, che ha aggiunto: «Siamo determinati a mantenere la credibilità dell’eurozona».
Jeroen Dijsselbloem.
Dal 15 novembre 2012, Dijsselbloem è il ministro delle finanze dei Paesi Bassi e fa parte del secondo governo guidato dal premier Mark Rutte. Dal 21 gennaio 2013 è anche il presidente dell'Eurogruppo, il comitato dei ministri delle finanze dell'Eurozona, costituita dagli stati dell'Unione europea che hanno adottato l'Euro come moneta ufficiale, succedendo nell'incarico a Jean-Claude Juncker. Il 1º febbraio 2013 ha guidato la nazionalizzazione dell'ente finanziario olandese SNS Reaal, prevenendone la bancarotta. Gli azionisti e creditori sono stati espropriati dei titoli senza compensazione e le altre banche nazionali hanno dovuto contribuire al salvataggio con cifre fino a un miliardo di euro.
Nel marzo 2013 Dijsselbloem è stato a capo dei negoziati per la gestione della "Crisi finanziaria di Cipro", nella condotta della quale si è attirato critiche per aver creato un precedente, forzando il prelievo dai depositi bancari come parte del salvataggio delle banche. A commento della sua scelta ha dichiarato "Sono abbastanza fiducioso che i mercati vedranno questo come un approccio ragionevole, molto contenuto e diretto, invece di un approccio più generale ... obbligherà tutte le istituzioni finanziarie, così come gli investitori, a pensare ai rischi che corrono, perché ora dovranno rendersi conto che si può anche far loro del male". Ha dichiarato intorno al 24 marzo 2013 al Financial Times e alla Reuters che il salvataggio di Cipro è stata un modello per la risoluzione dei rischi di bancarotta per i sistemi bancari, ma il 26 marzo 2013 si è contraddetto dichiarando che Cipro non è stato un modello. Dall'inizio del 2015, è impegnato nelle trattative per la gestione della crisi del debito greco e ha respinto nel mese di febbraio la richiesta del ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis di indire una conferenza tra tutti i paesi europei per la ristrutturazione del debito, rivendicando la gestione delle trattative al solo eurogruppo che presiede.
Non si è fatto attendere il commento del ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, che ha evidenziato come il rifiuto dell’Eurogruppo di concedere alla Grecia un’estensione del programma di aiuti per permettere al popolo greco di esprimersi sulla proposta di accordo è grave e danneggia la credibilità dell’Eurogruppo stesso. «Ho paura che questi danni saranno permanenti», ha aggiunto. E ancora: «Il referendum non è sull’euro. Sarebbe un grande contributo per l’Europa se si mettesse fine alle recriminazioni e a puntare il dito gli uni contro gli altri. L’ultima parola sulla proposta dell’Eurogruppo spetta al popolo greco, non al governo». La riunione a Bruxelles è ripresa senza la Grecia.
Al termine dell’incontro Dijsselbloem ha precisato che Varoufakis è uscito dall’Eurogruppo di sua volontà e che in negoziati non erano terminati. 

Alexis Tsipras.
27-06-2015: In serata inoltrata il Parlamento greco ha approvato il referendum e Tsipras ha chiesto di votare “no” per respingere «l’insulto» ricevuto dai creditori. «Il momento della verità per loro è venuto, il momento di quando vedranno che la Grecia non si arrenderà, che la Grecia non è un gioco cui si può mettere fine. Sono certo che il popolo greco sarà all’altezza delle storiche circostanze ed emetterà un forte no all’ultimatim». 
«Il popolo greco sopravviverà». È quanto avrebbe dichiarato il primo ministro ellenico, Alexis Tsipras, durante una conversazione telefonica con il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il presidente francese, François Hollande, secondo quanto riferiscono alla Reuters fonti del governo di Atene. «Il valore sommo è la democrazia», avrebbe aggiunto Tsipras. «Qualunque decisione l’Eurogruppo prenderà, il popolo greco la settimana prossima avrà ossigeno e sopravviverà», avrebbe dichiarato Tsipras, «la democrazia è un valore supremo in Grecia e il referendum si terrà qualunque cosa l’Eurogruppo decida».
In precedenza Varoufakis aveva detto che la possibilità che la Grecia vada o meno in default sugli 1,6 miliardi di euro da versare al Fondo Monetario Internazionale entro il 30 giugno dipende dalla «flessibilità» dei creditori. Il ministro aveva quindi chiesto la restituzione degli 1,9 miliardi di euro di interessi che la Bce ha maturato sui bond greci detenuti così da poter rimborsare l’istituto di Washington.

Rassegna Stampa: da https://esseresinistra.wordpress.com/2015/06/27/un-messaggio-di-dignita-al-mondo-la-scelta-di-alexis-tsipras/ Un messaggio di dignità al mondo. La scelta di Alexis Tsipras. Posted by Essere Sinistra. All’una di questa notte, Alexis Tsipras, ha diramato questo messaggio di cui presentiamo la traduzione in italiano circolante in rete. E’ per noi la voce più alta e nobile sinora ascoltata in risposta alle folli richieste del Fondo Monetario Internazionale e le Isttuzioni europee. E vogliamo che tutti i nostri lettori ne comprendano il senso. Il senso della libertà e della democrazia. Che rinasce dalla Grecia. La Redazione.
«Greci e greche,
da sei mesi il governo greco combatte una battaglia in condizioni di soffocamento economico senza precedenti, per implementare il mandato che ci avete dato il 25 gennaio. Il mandato che stavamo negoziando coi nostri partner chiedeva di mettere fine all’austerità e permettere alla prosperità ed alla giustizia sociale di tornare nel nostro paese. Era un mandato per un accordo sostenibile che rispettasse la democrazia e le regoli comuni europee, per condurre all’uscita finale dalla crisi. Durante questo periodo di negoziazioni, ci è stato chiesto di mettere in atto gli accordi fatti col precedente governo nel “memorandum”, nonostante questi fossero stati categoricamente condannati dal popolo greco nelle recenti elezioni. Comunque, nemmeno per un momenti abbiamo pensato di arrenderci, cioè di tradire la vostra fiducia. Dopo cinque mesi di dure contrattazioni, i nostri partner, sfortunatamente, hanno rilanciato all’eurogruppo di due giorni fa un ultimatum alla democrazia greca ed al popolo greco. Un ultimatum che è contrario ai principi fondanti ed ai valori dell’Europa, i valori del progetto comune europeo. Hanno chiesto al governo greco di accettare una proposta che accumula un nuovo insostenibile peso sul popolo ellenico e colpisce profondamente le possibilità di recupero dell’economia e della società greche. Una proposta che non soltanto perpetua lo stato di incertezza ma accentua persino le disuguaglianze sociali. La proposta delle istituzioni include: misure per un’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioniulteriori riduzioni nel salario minimo del settore pubblico e incremento dell’IVA su cibo, ristorazione e turismo, eliminando inoltre le agevolazioni fiscali per le isole greche. Queste proposte violano direttamente fondamentali diritti europei, mostrano che riguardo a lavoro, uguaglianza e dignità, lo scopo di alcuni partners e istituzioni non è il raggiungimento di un buon accordo per tutte le parti, ma l’umiliazione dell’intero popolo greco.
Queste proposte sottolineano in particolare l’insistenza del Fondo Monetario Internazionale in una dura e punitiva austerity, e sottolineano più che mai la necessità per i grandi poteri europei di prendere iniziative che conducano al termine della crisi del debito sovrano ellenico. Una crisi che colpisce altri paesi europei e che sta minacciando il futuro prossimo dell’integrazione continentale.
Greci e greche,
in questo momento pesa sulle nostre spalle, attraverso le lotte ed i sacrifici, la responsabilità storica del popolo greco per il consolidamento della democrazia e della sovranità nazionale. La nostra responsabilità per il futuro del nostro paese. E la nostra responsabilità ci richiede di rispondere all’ultimatum sulla base del mandato del popolo greco. Pochi minuti fa alla riunione di gabinetto ho proposto l’organizzazione di un referendum, perché il popolo greco possa decidere in maniera sovrana. Questa proposta è stata accettata all’unanimità. Domani la camera dei rappresentanti sarà convocata d’urgenza per ratificare la proposta del gabinetto per un referendum da tenersi domenica 5 luglio, sull’accettazione o il rigetto della proposta delle istituzioni. Ho già informato della mia decisione il presidente francese e la cancelliera tedesca, il presidente della BCE e domani una mia lettera chiederà formalmente ai leader della UE ed alle istituzioni di estendere per pochi giorni il programma attuale in modo da permettere al popolo greco di decidere, libero da ogni pressione e ricatto, come richiesto dalla costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica europea.
Greci e greche,
al ricatto dell’ultimatum che ci chiede di accettare una severa e degradante austerità senza fine e senza prospettive di ripresa economica, vi chiedo di risponde in maniera sovrana e orgogliosa, come la nostra storia ci chiede. Ad una austerità autoritaria e violenta, risponderemo con la democrazia, con calma e decisione. La Grecia, il luogo di nascita della democrazia, manderà una forte e sonora risposta all’Europa ed al mondo. Mi impegno personalmente al rispetto dei risultati della vostra scelta democratica, qualsiasi essi siano. Sono assolutamente fiducioso che la vostra scelta onorerà la storia del nostro paese e manderà un messaggio di dignità al mondo. In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei popoli. Che in Europa non ci sono proprietari ed ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte fondamentale dell’Europa, e l’Europa è una parte della Grecia. Ma senza democrazia, l’Europa sarebbe un’Europa senza identità e senza bussola. Vi invito a mostrare unità nazionale e calma e fare la scelta giusta. Per noi, per le generazioni future, per la storia dei greci.
Per la sovranità e la dignità del nostro popolo.»      ( Alexis Tsipras, Atene, 27 giugno 2015, 1 am)

A proposito del dove sono arrivati, in Grecia, i soldi del Fmi e dell'UE, è illuminante quello che dice Massimo D'Alema nel Video del 1 luglio '15 su Rainews:
http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Dalema-grecia-crescita-investimenti-debito-2dd470a6-1d28-4946-89e1-ae46f19bb2dc.html.
Un Video educativo sul mancato risarcimento dei debiti di guerra da parte della Germania (che nel 1953 ottenne un'esenzione generale) alla Grecia, nella commedia del programma satirico tedesco "Die Anstalt", visualizzabile nel seguente link: https://www.facebook.com/tiffy72/videos/1024472237564238/?pnref=story.


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domenica 21 giugno 2015

Elezioni 2015 in 78 comuni fra cui 10 capoluoghi di provincia: un altro dispiacere per Renzi

Renzi con Casson
Il 31 maggio 2015 si è votato, in Italia, in 7 regioni per il rinnovo dell'amministrazione regionale e in 78 comuni per il rinnovo delle amministrazioni comunali. Fra questi 78 comuni, dove è necessitato, si è votato il 14 giugno per i ballottaggi.

Da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/15/comunali-2015-risultati-dei-ballottaggi-venezia-casson-crolla-e-vince-brugnaro-pd-perde-anche-nuoro-matera-e-arezzo/1777923/
Comunali 2015: affluenza ferma al 47,1 per cento per il secondo turno delle amministrative per scegliere i sindaci di 78 comuni.
Venezia, Casson crolla e vince Brugnaro.
Pd perde anche Nuoro, Matera e Arezzo e strappa solo Mantova.
Al centrodestra Rovigo, Chieti, Nuoro, Matera e Arezzo.

Il Partito democratico perde Venezia. Ma anche Rovigo, Chieti, Nuoro, Matera e Arezzo dove vince il centrodestra. Lecco, Mantova, Macerata e Trani vanno invece al centrosinistra. A Fermo diventa sindaco il candidato sostenuto dalle liste civiche. Mentre il Movimento 5 Stelle vince nei tre comuni in cui si era presentato al ballottaggio: Porto Torres, Venaria Reale e Quarto. Sono questi i risultati del secondo turno delle elezioni comunali che hanno chiamato alle urne oltre 2 milioni di elettori. Ancora una volta in calo l’affluenza che si è fermata al 47,1 per cento (63.21 per cento al primo turno). Il risultato finale per i capoluoghi di provincia è di 6 a 4 per il centrodestra: il Pd perde in cinque città e strappa solo Mantova. Mentre un sindaco ha vinto sostenuto da liste civiche.

Il colpo più duro per il Pd si chiama Felice Casson. Il senatore ed esponente della sinistra Pd in laguna non riesce a battere l’imprenditore berlusconiano Luigi Brugnaro (53,21%). Non basta all’ex magistrato l’appello e la sintonia con il M5S per riuscire a strappare la città commissariata dopo l’arresto dell’ex sindaco dem Giorgio Orsoni. “Ha vinto il partito del fare contro il partito del no”, ha commentato il neo primo cittadino. “Sono pronto a dare una mano a Luca Zaia, ma anche Matteo Renzi“. L’analisi della sconfitta per il presidente del Consiglio e segretario del partito sarà nelle prossime ore, ma non è detto che al leader dispiaccia troppo l’esito del ballottaggio: Casson è tra i punti di riferimento di quella parte scomoda dei suoi che Renzi cerca sempre più di isolare. Intanto, sicuramente, il 6-4 per il centrodestra fa – per una volta – ammettere la sconfitta alla pattuglia renziana. “Stanotte non brindiamo, brucia la sconfitta di Venezia, come quella di Arezzo, Fermo, Matera e Nuoro”, dice in un’intervista a Repubblica Lorenzo Guerini, vice segretario del Pd. Per Guerini ‘Mafia Capitale’ “sicuramente non avvicina i cittadini alla politica e, credo, abbia avuto anche qualche conseguenza sul nostro elettorato che si è sentito tradito da coloro i quali hanno sbagliato e che non troveranno più posto nel Partito democratico”. “Nel riepilogo complessivo dei Comuni – aggiunge – il centrosinistra governa più amministrazioni del passato. Abbiamo perso città significative ma altre altrettanto significative, come Mantova e Trani, le abbiamo strappate al centrodestra e confermato Lecco. L’elettorato decide su dinamiche locali”.

Eppure, anche dove il Pd vince, o sembra farlo, ci sono pagine che imbarazzano il partito: tra queste c’è Giugliano in Campania, dove vince il candidato Antonio Poziello, sconfessato dal partito ma non dal neogovernatore De Luca dopo essere stato rinviato a giudizio. La Lega Nord vince invece a Rovigo con Massimo Bergamin: l’esponente del Carroccio gode dell’effetto Zaia che ha trionfato alle Regionali di due settimane fa e riconferma il controllo del centrodestra sulla città. Arezzo passa a destra dopo 20 anni di governo della sinistra: è Alessandro Ghinelli il nuovo primo cittadino dopo un testa a testa fino all’ultima scheda. Il Partito democratico perde invece la rossa Nuoro: il sindaco uscente, Alessandro Bianchi, si ferma poco al di sopra del 30 per cento, e lo sfidante, Andrea Soddu, appoggiato da quattro liste civiche con il Partito sardo d’azione, sfiora il 70. Brutte notizie per il partito del presidente del consiglio, Matteo Renzi, anche da Matera, dove l’uscente Salvatore Adduce (Pd) è dietro allo sfidante Raffaello De Ruggieri, sostenuto da liste civiche del centrosinistra e del centrodestra.

Esce invece confermato il centrosinistra a Trani, dove Amedeo Bottaro è attorno al 75 per cento, e a Macerata, dove Romano Carancini sfiora il 60%; ma nelle Marche il Pd registra la sconfitta di Fermo, dove viene eletto l’ex assessore Paolo Calcinaro, sostenuto da liste civiche. Le notizie migliori per il Pd arrivano dalla Lombardia, dove si impongono nettamente Mattia Palazzi a Mantova (dopo che l’ex giunta Sodano è stata travolta da scandali per corruzione e peculato) e Virginio Brivio a Lecco. Mentre a Chieti vince Umberto Di Primio, del centrodestra.

TUTTI I COMUNI CAPOLUOGO AL VOTO
Regione                Comune           Sindaco                 Voti (%)   Affluenza(%)   ha vinto         precedente
ABRUZZO              Chieti             Umberto Di Primio    55,0         50,5         Centrodestra     Centrodestra
BASILICATA         Matera           R.G. De Ruggieri       54,5         58,1         Centrodestra    Centrosinistra
CALABRIA         Vibo Valentia    Elio Costa                  50,8         71,6         Centrodestra    Centrodestra
LOMBARDIA         Lecco           Virginio Brivio              54,4         47,7         Centrosinistra   Centrosinistra
LOMBARDIA         Mantova       Mattia Palazzi              62,6         43,3         Centrosinistra    Centrodestra
MARCHE               Fermo            Paolo Calcinaro        69,9         48,2            Lista civica   Centrosinistra
MARCHE               Macerata       Romano Carancini     59,1         39,3         Centrosinistra  Centrosinistra
PUGLIA                 Andria           Nicola Giorgino           52,2         73,4          Centrodestra   Centrodestra
PUGLIA                 Trani             Amedeo Bottaro         75,8         37,7         Centrosinistra   Centrodestra
SARDEGNA          Nuoro           Andrea Soddu             68,4         49,1            Lista civica   Centrosinistra
SARDEGNA          Sanluri           Alberto Urpi                47,2        63,3            Lista civica      Lista civica
SARDEGNA  Tempio Pausania    A.M.Biancareddu       52,1        68,5             Lista civica      Lista civica
SICILIA                Agrigento       Calogero Firetto          59,0        67,5           Centrosinistra       Centro
SICILIA                Enna              M.A. Dipietro                51,9         54,2           Centrodestra  Centrosinistra
TOSCANA           Arezzo           Alessandro Ghinelli      50,8        48,4           Centrodestra  Centrosinistra
TR.-ALTO ADIGE Bolzano        Luigi Spagnolli              57,7        40,7          Centrosinistra  Centrosinistra
TRENTINO-A.A.  Trento           Alessandro Andreatta   53,7        54,7          Centrosinistra  Centrosinistra
VALLE D'AOSTA Aosta            Fulvio Centoz                54,2        61,2          Centrosinistra   Centrodestra
VENETO              Rovigo          Massimo Bergamin        59,7        42,7           Centrodestra   Centrodestra
VENETO              Venezia         Luigi Brugnaro              53,2       49,0           Centrodestra   Centrosinistra
Quando l'affluenza alle urne è stata inferiore al 50% l'ho scritta in rosso.



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